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Via Arquata, Torino


Un’isola pop nel quartiere Crocetta

L’area di edilizia residenziale pubblica di via Arquata è localizzata all’interno del quartiere Crocetta, nella Circoscrizione 1 a Torino.

Per quanto inserita nel centro cittadino, l’area soffre di un isolamento significativo all’interno del contesto urbano sia fisico, per le importanti barriere fisiche che lo delimitano: i due rami ferroviari, la rampa del cavalcavia di corso Dante e il trafficato corso Turati, sia sociale, in quanto area di case popolari all’interno del borghese quartiere Crocetta.

Complesso edilizio di via Arquata. Foto di Cosimo Maffione.

La storia del quartiere

Nata fra il 1920 e il 1930, comprende il 10° e l’11° quartiere ex IACP, e fa parte del cosiddetto “secondo periodo” edile dell’ente. 

Il quartiere 10, in particolare, era in origine destinato alle famiglie operaie, artigiane e impiegatizie, ed era composto da 37 edifici di tre piani fuori terra per un totale di 555 alloggi tra i due e i quattro vani. Il complesso ha subito diverse trasformazioni nel corso del tempo, fino ad arrivare ai 40 fabbricati nel 1945-1946 per un totale di 809 alloggi, alzando gli edifici di uno o due piani.

Il quartiere 11, invece, era destinato ai liberi professionisti e agli impiegati del settore statale, e si componeva di due corpi di fabbrica di 4 piani fuori terra per 77 alloggi tra i quattro e i sei vani e con impianto di riscaldamento centralizzato, di cui il 10° era sprovvisto.

Foto di Cosimo Maffione.

Ciò che accomuna i due quartieri è la conformazione: in entrambi gli edifici delimitano il confine degli isolati e si sviluppano attorno a corti interne verdi. 

L’intero quartiere, per il suo valore architettonico di ispirazione liberty, ambientale e storico è tutelato dalla Soprintendenza per i Beni Ambientali e Architettonici.

Nel 1968 sorgono in corso Dante 14, quasi a ingresso dell’area, l’attuale palazzo per uffici Atc e in via Frugarolo una nuova palazzina per alloggi con uno stile che si scosta in modo evidente dai precedenti. Questi edifici sostituiscono una precedente palazzina e l’edificio dei Bagni Pubblici.

Palazzo dell’Agenzia Territoriale per la Casa, Atc. Foto di Cosimo Maffione.

Le trasformazioni degli anni 2000

L’area rimane immobile fino ai primi anni Duemila quando si sviluppano i progetti di rigenerazione urbana voluti dal Comune di Torino con interventi importanti sugli immobili e nelle aree verdi. Il Contratto di Quartiere  viene infatti approvato nel 2000 con un finanziamento complessivo di 16,5 milioni di euro. 

Precedentemente ai cantieri per la riqualificazione dell’area, attivi dal 2002 al 2007, si avvia nel 2001 il Programma di Integrazione alle Azioni Sociali (Pias), guidato dall’Agenzia per lo Sviluppo di via Arquata con attività di accompagnamento rivolte ai residenti che prevedevano, tra le altre cose, , l’attivazione di sportelli informativi e di spazi destinati alla formazione e ad attività ricreative e culturali per gli abitanti che si collocano negli spazi al piano terreno degli immobili.

L’effetto collaterale di queste azioni è la chiusura dei negozi di prossimità con la conseguente scomparsa del tessuto commerciale dell’area.  Con la fine delle attività previste dal Contratto di Quartiere questi spazi, svuotati dalle realtà associative, restano privi di funzioni, a eccezione del micronido tuttora presente.

Foto di Cosimo Maffione.

Il quartiere oggi

Questa condizione accentua lo stato di isolamento dell’area rendendola impermeabile ai flussi; non solo gli esterni, ma gli stessi abitanti, non trovandovi funzioni, tendono a non vivere lo spazio pubblico -pur di qualità- e a rivolgersi ad aree e servizi esterni. Spesso, inoltre, trovano quei servizi al di fuori del quartiere di residenza preferendo il vicino San Salvario, al di là della ferrovia, che ospita una più varia composizione socio-culturale e realtà di riferimento importanti quali la Casa del Quartiere.

Foto di Cosimo Maffione.

Oltre al forte isolamente dell’area rispetto al suo immediato intorno, si accentua negli anni la disgregazione del tessuto sociale al suo interno. Così come nella maggior parte dei quartieri di case popolari, gli assegnatari sono molto cambiati nel tempo: le liste d’attesa sono lunghe e i criteri danno priorità a nuclei che si trovano in gravi situazioni sociali e, spesso, con profili personali di multi-problematicità.

Oggi i “nuovi abitanti” hanno quindi caratteristiche molto lontane dai primi assegnatari, famiglie di lavoratori anche molto numerose. Per tutti gli anni Ottanta i complessi di case popolari sono stati caratterizzati da forti tensioni interne, ma al contempo sono stati sede di importanti fermenti sociali, che hanno portato alla nascita dei primi comitati di quartiere. Questi comitati non si sono rinnovati nel tempo e chi ne faceva parte è ormai anziano, ancorato alla memoria di un passato idealizzato e spesso poco disposto all’incontro coi nuovi arrivati. Alcuni hanno riscattato l’abitazione, altri sono gli eredi di quegli immobili che vengono poi dati in affitto.

Foto di Cosimo Maffione.

In via Arquata questo processo ha portato a una maggior privatizzazione degli immobili dell’area ovest. Qui vi è una minoranza di inquilini Atc, che va via via diminuendo fino ad arrivare a una quasi totalità di alloggi pubblici nell’area est, dove la frattura e la mancanza di incontro tra vecchi e nuovi assegnatari, oltre alle forti tensioni generate dagli occupanti abusivi, è particolarmente percepibile. Questa mancanza di incontro porta a un vuoto anche nei cortili interni degli immobili accanto a un uso “privato” di alcune sue porzioni adibite a orti informali e a uno stato generale di incuria e abbandono.