Oggi iniziamo a pubblicare una serie di interviste nell’ambito del progetto DROP CITY : si tratta di attori qualificati (ricercatori, imprenditori e policy maker) nell’ambito dell’agricoltura fuori suolo. Abbiamo chiesto a ciascuno di loro che cosa fosse l’agricoltura fuori suolo, i suoi punti di forza e di debolezza e ci siamo concentrati sulle esperienze realizzate all’interno dei contesti urbani. Abbiamo domandato se si possa prefigurare un futuro in cui parte del cibo che consumiamo sia prodotto davvero a km0 e quali sono gli ostacoli da affrontare.
La prima intervista che condividiamo è stata fatta a Francesco Lombardo. Qui la trovate in forma testuale e qui la potete trovare in formato pdf da scaricare.
Francesco è laureato in Design del Prodotto Industriale, progettista di impianti in fuori suolo e CEO e PM in Aquaponic Design S.r.l.
Sono laureato in design del prodotto industriale presso l’Università di Bologna e sono cofondatore di Aquaponic Design S.R.L. assieme a Luca (agronomo) e Gianmarco (acquacoltore). Aquaponic Design è una start-up innovativa e spin-off dell’Università di Bologna. Nasce nel 2018 come gruppo informale per poi diventare associazione nel 2019 e successivamente una società a novembre nel 2021. Ci siamo occupati sin da subito di progettazione e costruzione di impianti prevalentemente di acquaponica e solo a partire dal 2022 seguiamo anche costruzioni di impianti di idroponica. Sviluppiamo impianti che nascono in prima battuta per essere solo di idroponica con la possibilità di essere ampliati inserendo impianti di acquacoltura: questo per permettere ai clienti e al pubblico che ci segue di gestire uno step alla volta in base alle proprie necessità.
Aquaponic Design si configura come una start-up innovativa perché abbiamo un brevetto di coltivazioni verticali in febbraio 2021. Si tratta di un sistema che viene acquistato sia in Italia che all’estero, anche in Paesi non UE.
Attraverso il nostro e-commerce vendiamo sia progetti che materiali a privati e a coloro che vogliono iniziare a sperimentare questi sistemi di coltivazione in autonomia costruendo da soli i propri impianti. Molto spesso ci trovano attraverso il canale Youtube dedicato, il quale ci permette di raggiungere queste persone in maniera indiretta attraverso video e tutorial. Inoltre, veniamo contattati in maniera diretta da imprenditori agricoli che già hanno un’attività, ma che vogliono investire in acquaponica o idroponica. Non abbiamo un cliente unico e specifico, tendenzialmente le aziende agricole private vanno per la maggiore.
Il primo è che i prodotti coltivati fuori suolo hanno un codice ATECO, ma non presentano una regolamentazione che possa riconoscere la produzione acquaponica come certificata biologica o con qualsiasi altra certificazione che permetta al consumatore finale di poter essere consapevole di star scegliendo un prodotto che proviene da una filiera più corta e controllata rispetto a quello che arriva generalmente sui banchi.
La legislazione italiana non regolamenta efficacemente ad oggi il mercato della frutta e della verdura coltivata fuori suolo, ma appunto fornisce solamente un codice ATECO alle aziende agricole. In altri paesi come negli Stati Uniti, per esempio, l’agricoltura coltivata in acquaponica ha una certificazione, definita “organic”, che assomiglia al nostro biologico.
Questo, a nostro avviso, frena notevolmente gli investimenti da parte delle aziende agricole in questi settori del fuori-suolo perché devono competere con prezzi a ribasso di industrie agricole che presentano costi decisamente più bassi.
Un altro punto critico fa riferimento ai costi d’investimento iniziali molto elevati, pari a circa 500 euro al mq, che spaventano e scoraggiano l’agricoltore/l’imprenditore interessato alla tecnica. Da subito sono scoraggiati, ma quando scoprono che la resa al mq è maggiore si incuriosiscono.
Inoltre, dal punto di vista della gestione invece, l’agricoltura fuori suolo è una tecnica che riduce i costi di manodopera, e diminuisce i tempi di monitoraggio e gestione. Molti agricoltori che seguiamo lavorano su una vendita diretta al consumatore, collaborando con ristoranti e privati. Seguono in autonomia la catena della vendita, per far arrivare la qualità del prodotto ai consumatori.
A Bologna ci sono un paio di esperienze che come impresa stiamo seguendo, in collaborazione con il Comune e l’Università di Bologna.
Il primo caso fa riferimento a Le Serre dei Giardini Margherita : uno spazio di proprietà del Comune di Bologna e ora gestito dalla Cooperativa Kilowatt. È stato fino al 1950 circa un vivaio che riforniva la città di piante. In stato di abbandonato fino al 2006, dopodiché, grazie ad un bando promosso dal Comune e vinto dalla Cooperativa, iniziano gli interventi di riqualificazione.
Nel 2018 Aquaponic Design si inserisce in questo spazio con l’installazione di un primo impianto di acquaponica in via sperimentale, completamente aperto, senza serra, pensato a supporto per la produzione del ristorante presente. Ovviamente si tratta di una produzione minima, che non riesce a coprirne il fabbisogno intero ma che ha l’obiettivo di mostrare le potenzialità di un agricoltura fuori suolo a chi visita Le Serre.
È uno spazio pensato per essere aperto alla cittadinanza, quindi chiunque può accedervi. La parte di orto viene gestita da una persona della cooperativa, poi c’è uno spazio con al centro un tavolo che è collegato al sistema di acquaponica, utilizzato da studenti e lavoratori come spazio di lavoro durante la settimana, disponendo di rete Wi-Fi e corrente elettrica gratuita.
Nelle Serre dei Giardini Margherita si coltiva ciò che viene principalmente richiesto dallo chef del ristorante: principalmente insalate di vario tipo e erbe aromatiche. Queste ultime sono coltivate in verticale su di una parete che fa da cornice all’orto tradizionale: in meno di 2 metri quadri si hanno più di 250 slot di coltivazione. Quindi si produce molto in pochissimo spazio che prima non veniva nemmeno utilizzato.
Il Comune ha percepito le potenzialità dell’agricoltura fuori suolo grazie a questo progetto delle Serre dei Giardini Margherita: un luogo molto frequentato dato l’elevato numero di accessi registrato e sponsorizzato da azioni di marketing e storytelling.
Il secondo esempio è Salus Space: un progetto di rigenerazione urbana, in cui Aquaponic Design è coinvolto assieme a tante altre realtà. Si sta cercando di creare da due anni una comunità di una cinquantina di persone che vivono all’interno di questo condominio, di ogni estrazione sociale, età e origine. L’obiettivo è che nasca un’attività di impresa da questa comunità, basata su tre cardini: produzione agricola, ristorazione e formazione. In questo spazio ad oggi è presente un ristorante gestito da una famiglia siriana richiedente asilo, che è stata ospitata all’interno del condominio e ha messo in gioco le proprie competenze culinarie per gestire il ristorante. Inoltre nello spazio è presente una parte destinata alla produzione agricola sia in terra che fuori suolo e un biolago con pesci rossi. Con l’università si sono installati due container rigenerati, uno per la produzione di funghi e uno per la produzione indoor di aromatiche e micro greens. I container sono alimentati in parte da un impianto fotovoltaico di 15 KWh. I prodotti raccolti, sia orticoli che i funghi, vengono venduti al mercato del sabato mattina. Inizialmente, in questi primi due anni di avvio del progetto, la comunità verrà accompagnata dalle realtà coinvolte nella gestione di questi tipi di processi di impresa, per poi essere gestita in autonomia da qualche membro del condominio, che si farà a carico dell’intera gestione di tutto lo spazio di Salus Space.
In questo progetto il Comune di Bologna ha percepito l’agricoltura urbana fuori suolo come una possibilità di fare attività di impresa e come potenziale mission per il prossimo futuro.
Dipende molto dal background della persona. Generalmente gli agricoltori tradizionali sono molto sospettosi in merito alla qualità del prodotto, ma appena assaggiano un prodotto si convincono e quindi diventano curiosi in merito alle potenzialità di crescita di questo settore.
Chi fa l’orto in terra è difficile da convincere e questo pensiero è molto radicato in Italia, in quanto il contadino è visto come colui che produce attraverso un legame imprescindibile con la terra.
Inoltre c’è una differenza di sensibilizzazione differente tra gli imprenditori agricoli che sono interessati a fare business, investendo meno nella manodopera e avendo più controllo sulla produzione e la famiglia o il singolo appassionato che decide di intraprendere questo percorso. Tra gli imprenditori agricoli solitamente ci contattano coloro che non si occupano di coltivazioni intensive, ma di coltivazione di frutta e sono interessati alla coltivazione verticale di fragole e produzione di orticole, tra le quali pomodori, melanzane, peperoni e zucchine.
Coloro che scelgono questo tipo di pratica agricola per passione e hobby lo fanno per sensibilità ambientale, nell’ottica di utilizzare meno acqua e meno pesticidi.
Il Docente Francesco Orsini, del Dipartimento di Scienze e tecnologie agroalimentari dell’Università di Bologna, socio di Aquaponic Design, parla di agricoltura urbana e in una ricerca mappa tutte le superfici piane di Bologna all’interno della città metropolitana. Dal lavoro emerge che se fossero state trasformate in produzione fuori suolo, il 20% delle superfici piane avrebbe coperto il 70% del fabbisogno della città. In questi termini si poteva aspirare all’autosufficienza della città, ma sarebbe stato necessario disporre di un’azienda agricola dislocata su più punti e sicuramente di una comunità più sensibile su questi temi.